«li riso fa buon sangue», un detto antico, è divenuto oggi anche una massima sottoscritta dalla medicina ufficiale (altrimenti non ci resta che piangere dato il costo delle cure). Arriendi a iscracàlliu rischia pertanto di essere un buon testo terapeutico, con-siderata la scelta delle storielle, grussas e grassas, frutto della nobile coltura agro/pastorale/urbana sarda. Fondamentalmente quindi un libro antro-pologico — a “saperci leggere dentro” — ma, ahinoi, proprio Giulio Angioni, nell'introduzione, infie-risce su di esso, definendolo a più riprese «un libro sporco». Eppure rispetta i canoni della buona famiglia “pastorale” sarda perché, come essa, è composto da genitori, figli e antropologo.
Salvatore Sardu, professione ufficiale cineasta, con un centinaio di documentari sulla Sardegna all'attivo, da sempre considerato autore “impegnato” per le tematiche portate avanti nei suoi video (vedi www.sarfilm.it), con questo libro sembra volersi scrollare di dosso 40 anni di vita cinematografica “seria”. Niente di tutto ciò. Semmai, con questo libretto, sembra voler conti-nuare nella sua voglia di narrare e documentare. Stavolta magari con una tematica politically not too correct e scanzonata. Ma tant'è: SEMEL N ANNO LICET INSANIRE.
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