Poesie d’amore e di morte.

INTRODUZIONE

Dopo un centinaio di documentari sulla Sardegna, realizzati in quasi 50 anni e una decina di libri, tra saggi e romanzi, ho voluto far stampare anche una selezione delle mie poesie, una sessantina, scritte a partire dal 1954, quando frequentavo la prima classe dell’Istituto Tecnico Nautico, sezione Capitani.

I primi versi, in rima baciata, componevano un poemetto scherzoso, dedicato principalmente a tutti i miei insegnanti di allora, che trattavo il più spesso molto male, sfidando le loro ire, quando gliele facevo leggere. Immaginate che una, cattivissima, dedicata all’insegnane di storia, un po’ balbuziente e reo di sbagliare spesso nomi, luoghi e date, terminava in questo modo:

Però vorremmo dirti solo: parti,
torna al tuo paesello,
che l’era bello,
torna al tuo casolare,
torna a zappare.

Ma da dove proveniva questa mia passione per la poesia? Sicuramente da mio padre, che, pur avendo fatto solo la terza elementare, come si usava allora nelle famiglie dei poveri, si cimentava in ardite composizioni in rima, che poi stampava e regalava ad amici e parenti.

Poi lo studio della letteratura italiana, con una brava docente che ci faceva amare le composizioni poetiche. Certo non sono un professionista della poesia scritta, visto che ho preferito optare per il cinema, in cui ho trasferito il mio amore per la poesia, sia nelle inquadrature che nei testi che nella scelta delle musiche. Queste che trovate in questo testo, sono state scritte spesso in occasione di viaggi, quando i lunghi tragitti in treno o la permanenza in tristi stanze d’albergo,consentivano di trovare il tempo di scrivere qualcosa. Alcune dedicate alle donne con cui ho condiviso momenti felici. Altre in occasione di ricorrenze varie, altre per accompagnare filmati, come quelle minerarie. E altre ancora per appagare la mia vena ironica e dissacratoria, come le ultime che appaiono nel testo.

Sperando di aver fatto qualcosa di piacevole, un ringraziamento a tutti i miei lettori.

Salvatore Sardu
Novembre 2015